Disbiosi intestinale

Cos’è la disbiosi intestinale
Quando parliamo di disbiosi facciamo sicuramente riferimento alla nostra flora batterica intestinale che definiamo come l’ecosistema di batteri che abita il nostro intestino.
Questi batteri sono importantissimi per noi perché svolgono determinate funzioni che permettono, non solo di mantenere in equilibrio il nostro intestino ma anche tutto il nostro organismo.
I batteri che vivono nel nostro tratto gastrointestinale non sono tutti uguali però, si dividono in:
- Commensali: non forniscono nessun danno per il nostro organismo né tanto meno beneficio;
- Simbionti: promuovono la salute dell’ospite;
- Patobionti: se inducono patologia.
Quando nel nostro sistema gastrointestinale vi è equilibrio tra le varie specie batteriche siamo in una condizione che viene definita Eubiosi.
Quando invece, vi è un’alterazione del microbiota e quindi una perturbazione dell’equilibrio con conseguente riduzione delle specie batteriche benefiche e un aumento delle specie patobionte, avremo una Disbiosi.
Sintomi tipici
I sintomi tipici che si collegano ad uno stato di disbiosi a livello intestinale sono:
- Gonfiore addominale
- Meteorismo
- Disturbi dell’alvo (stitichezza/diarrea)
- Disturbi della digestione
- Nausea e vomito (più raramente)
- Cefalea
- Disturbi del sonno
- Cambiamenti d’umore
- Ridotta efficienza atletica
- Infezione urogenitali ricorrenti nella donna (candidosi, vaginosi e cistiti).
Fattori scatenanti
I fattori che scatenano la disbiosi sono diversi e dipendono sempre da individuo a individuo, essendo il nostro microbiota molto variegato e diverso da persona a persona. Sicuramente primi fattori che intervengono sono la genetica di base dell’individuo, l’età e il sesso.
Un altro fattore importante è lo stile di vita della persona. In questa categoria rientra sicuramente la dieta del soggetto e quanta attività fisica svolge nell’arco della giornata.
I fattori alimentari che possono portare a disbiosi nel tempo sono:
- Consumo cronico di alcolici;
- Cibi spazzatura: cibi particolarmente calorici, con una quantità elevata di grassi saturi;
- Consumo cronico ed eccessivo di farine raffinate;
- Consumi cronico di prodotti ultra processati, prodotti industriali confezionati;
- Uno scarso apporto di fibra, quindi poca verdura e frutta;
- Uno scarso consumo di alimenti con un buon quantitativo di acidi grassi mono e polinsaturi.
Altri fattori: l’attività fisica e la terapia farmacologica
Anche l’attività fisica gioca un ruolo importante: da alcuni studi è emerso che l’attività fisica, e quindi uno stile di vita attivo, promuove il mantenimento di un microbiota intestinale in equilibrio e riduce la possibilità di incorrere in una condizione di disbiosi.
Altri fattori importanti che possono contribuire allo stato di disbiosi sono la terapia farmacologica, e in particolare l’uso cronico ed eccessivo degli antibiotici, e la mania per la troppa igiene.
La sanificazione dei nostri ambienti e l’eradicazione dei microbi tramite gli antibiotici hanno sicuramente avuto molto successo nel ridurre l’incidenza delle malattie infettive e rendere gli ambienti molto più puliti, ma purtroppo la sanificazione attacca anche tutte quelle specie di microorganismi che per noi sono benefiche e questo porta ad avere dei danni collaterali.
La situazione risulta essere ulteriormente aggravata in seguito alla diffusione del Covid-19.
Tipi di disbiosi
Esistono diversi tipi di disbiosi che si possono instaurare a livello intestinale:
- Disbiosi deficitaria: caratterizzata da un deficit di alcuni batteri benefici. Tale deficit può essere provocato dall’utilizzo di farmaci come antibiotici, cortisonici, immunosoppressori, psicofarmaci o contracettivi orali, oppure da una dieta priva di fibre.
- Disbiosi fermentativa: è dovuta a un’eccessiva fermentazione batterica, dovuta per lo più a una sovra crescita batterica a livello del piccolo intestino. Questi batteri prosperano quando vi è un’abbondanza di substrati fermentabili quali le fibre e zuccheri.
- Disbiosi putrefattiva: è dovuta a una dieta non bilanciata, molto ricca in grassi e carne e povera dal punto di vista del consumo della fibra. Mancando l’apporto di fibre, inevitabilmente la popolazione batterica intestinale benefica si indebolisce e questo porta a una maggiore proliferazione di specie batteriche “cattive”.
Esame per la disbiosi
Il presidio di laboratorio utilizzato ad oggi per valutare se è presente lo stato di disbiosi è il disbiosi test. Il disbiosi test ci offre indicazioni sul tratto intestinale che soffre maggiormente di uno squilibrio della flora batterica.
È un esame relativamente semplice, ma non in grado valutare una effettiva disbiosi con il 100% di accuratezza e soprattutto non è stato ancora validato scientificamente quindi, ad oggi, purtroppo, risulta essere poco attendibile.
Lo stato di disbiosi può portare, nel lungo tempo, allo sviluppo di patologia. Vi sono associazioni tra alterazione del microbiota intestinale malattie infiammatorie croniche intestinale (IBD) come morbo di chron e rettocolite ulcerosa; con patologie autoimmuni tipo l’artrite reumatoide; oppure malattie metaboliche come obesità, diabete tipo 2 e aterosclerosi.
Vi è anche una correlazione tra disbiosi intestinale e patologie neurologiche come Alzheimer, Parkinson e Sclerosi multipla.
Osservazioni inerenti alla relazione tra malattia e la molteplicità di specie batteriche ci permettono di capire che le manipolazioni delle specie batteriche che vivono nel nostro organismo potrebbero influire sullo stato di malattia e in alcuni casi potrebbero addirittura prevenirla.