Gli aspetti psicologici dell’allattamento

Tutti i bambini nascono con un grande istinto alla suzione, per cui attaccarsi al seno è un istinto innato. Ma capita abbastanza spesso di incontrare storie di allattamento difficili, dove si riscontrano sentimenti di inadeguatezza, paure che il bambino non cresca bene, delusione, dolore fisico e senso di impotenza, come se una preordinata rappresentazione idealizzata dell’esperienza di allattare il proprio bambino si infrangesse di fronte a difficoltà impreviste.
Le difficoltà si possono articolare su due versanti
Le difficoltà si possono articolare almeno su due versanti:
- Il primo relativo alla relazione con il proprio bambino: la percezione della presenza/assenza del latte, la fiducia nella competenza del bambino, la fiducia nella propria competenza e nella “bontà” del proprio nutrimento, il riconoscimento delle caratteristiche del bambino (avido, lento, aggressivo, competente, ecc.), il bisogno di controllo. Sono tutte esperienze nuove, delle quali di solito non si parla, come se fossero implicite, magiche o naturali, mentre hanno un peso emotivo molto forte al quale non si è preparate. Tutta questa fase ha bisogno di grande sostegno e non di prescrizioni critiche, per permettere che si sviluppi una modalità di relazione che è tipica e unica di ciascuna diade.
- Il secondo versante può riguardare l’immagine di sé, che riguarda sia il sé corporeo che il sé sociale. L’allattamento al seno, infatti, implica una trasformazione ulteriore della percezione del proprio corpo, una disponibilità ad una estrema vicinanza, un cambiamento di attribuzione di senso alle sensazioni fisiche, che non tutte le donne sono disponibili a sostenere per complessi motivi consci e inconsci, e soprattutto in un momento delicato, nel quale il nuovo bambino deve essere riconosciuto per quello che è nella realtà, a fronte, anche qui, di aspettative spesso idealizzate, sviluppate nel corso della gravidanza.
Rispetto al sé corporeo la paura è relativa al dolore inziale, ad un corpo ed un seno modificato e non più attraente. Relativamente, invece, al sé sociale la paura è legata al giudizio: “se non allatto non sono una buona madre”, “vorrei smettere di allattare, ma temo che gli altri pensino che sia troppo presto, che non mi sforzo abbastanza per mio figlio”. Il timore del giudizio, a lungo termine, può portare a una normalizzazione difensiva, da parte delle madri, delle esperienze negative di allattamento; nel racconto spontaneo delle consultazionI con madri di bambini oltre l’anno, spesso, infatti, i problemi e le difficoltà legate a questo spariscono.
Allattamento a richiesta
Ogni modalità di allattamento può essere funzionale se rispecchia il benessere della mamma: maggiore è il benessere materno, migliori saranno le interazioni con il neonato e, a cascata, il suo stesso benessere e sviluppo.
È importante che ogni coppia madre-bambino debba trovare la propria sintonia con le proprie modalità e inclinazioni. L’allattamento a richiesta può andare benissimo e assumere un ritmo soddisfacente, ma può anche causare disturbi quando viene utilizzato come “calmante” per qualsiasi disagio del bambino o quando impedisce la decodifica di segnali diversi di pianto. Una minima regola temporale spesso aiuta le mamme a favorire l’instaurarsi di un ritmo più funzionale.
Analogamente gli orari rigidi possono creare ansia e insoddisfazione e alzare il livello di eccitazione del bambino, che è poi difficile da soddisfare. Indipendentemente dalla soluzione adottata, è utile aiutare le mamme a riferirsi a qualche parametro generale (tipo i tempi necessari alla digestione, il non somministrare latte su latte, ecc.) e poi dare loro il permesso di regolarsi a seconda di come si sentono meglio, rinforzando le competenze emergenti.
Allattamento artificiale
È fondamentale sapere che l’allattamento artificiale non ha effetti negativi nella relazione madre-figlio, soprattutto nei casi in cui, per qualsiasi motivo, sia questo fisico o psicologico, non sia indicato quello al seno. Se il passaggio all’allattamento artificiale è necessario deve essere sostenuto e non drammatizzato, e non si vede motivo per cui non debba essere accettato dalle madri.
Tuttavia, l’allattamento artificiale potrebbe avere effetti negativi sulla diade, se la madre si sente inadeguata perché non allatta al seno. In questo senso, certe posizioni integraliste non aiutano perché tendono a colpevolizzare e/o a sollecitare il vissuto di inadeguatezza delle madri che non allattano.
Certamente quando subentrano difficoltà a trovare un latte artificiale ben tollerato dal neonato si potrebbe creare un circolo vizioso che rende più difficile l’incontro tra i due.
I benefici per il bambino e la diade
L’allattamento al seno porta sempre a benefici per il bambino e per la diade madre-figlio.
L’allattamento al seno ha indubbi risvolti positivi, essendo il più indicato per la salute della mamma – nella prevenzione dei tumori al seno (Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer, 2002) – e per lo sviluppo nel bambino delle difese immunitarie del neonato, oltre che come elemento nutrizionale.
I benefici della relazione madre-bambino, con l’allattamento al seno, ci sono, a condizione che questo avvenga in modo armonico e con soddisfazione reciproca.
Naturalmente vanno superate con pazienza e sostegno adeguato le difficoltà iniziali. Quando non sussistono problemi e/o vengono gestiti e superati prontamente, l’allattamento al seno può essere un’esperienza molto gratificante per la mamma e il bambino.