La sindrome di Hikikomori

Cos’è l’Hikikomori
“Hikikomori” è un termine giapponese che significa stare in disparte. Viene utilizzato per riferirsi a coloro che decidono di non avere nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno, rinchiudendosi nella propria stanza ed evitando persino i propri genitori ed amici, ritirandosi così dalla vista sociale per mesi o addirittura per anni.
Le indagini ufficiali condotte dal governo giapponese hanno identificato oltre 1 milione di casi. Si tratta di un fenomeno che riguarda soprattutto i giovani dai 14 ai 30 anni, tuttavia ha una grandissima incidenza anche nella fascia di popolazione over 40. Questo perché, sebbene questa sindrome insorga principalmente durante l’adolescenza, esso tende a cronicizzarsi facilmente e può dunque durare tutta la vita.
Se inizialmente si riteneva che l’Hihikomori fosse una sindrome culturale esclusivamente giapponese, in realtà si è scoperto trattarsi di un disagio adattivo sociale che riguarda tutti i paesi economicamente sviluppati nel mondo.
Per tale motivo, anche in Italia l’attenzione nei confronti di questo fenomeno sta aumentando e, sebbene non ci siano ancora dati ufficiali, si ritiene verosimile una stima di almeno 100 mila casi nel nostro paese.

Quali sono i sintomi dell’Hikikomori?
Nonostante non esista ancora un’ufficiale definizione dell’Hikikomori a livello internazionale, il Ministero della Salute giapponese (MHLW) ne ha indicato alcune caratteristiche e sintomi specifici, che possono variare per intensità e frequenza:
- uno stile di vita centrato all’interno delle mura domestiche senza alcun accesso a contesti esterni;
- nessun interesse verso attività esterne, come frequentare la scuola o avere un lavoro;
- la persistenza del ritiro sociale per almeno sei mesi;
- nessuna relazione esterna con compagni, amici o colleghi di lavoro.
La vita di coloro che soffrono di Hikikomori si svolge pertanto all’interno della loro casa o camera da letto, evitando qualsiasi tipo di relazione e comunicazione diretta con altri individui. Le uniche interazioni con l’esterno avvengono indirettamente attraverso internet, utilizzando chat, social network e videogame.
Quali sono le cause della sindrome di Hikikomori?
Le cause possono essere di vario genere:
- Caratteriali: gli Hikikomori sono spesso ragazzi particolarmente sensibili e timidi. Questo temperamento rende loro difficile riuscire ad instaurare relazioni soddisfacenti e durature, così come affrontare con efficacia le delusioni e le difficoltà che possono sopraggiungere.
- Familiari: l’assenza emotiva del padre e l’eccessivo attaccamento con la madre sembrano due possibili concause, soprattutto nell’esperienza giapponese. In questi casi, i genitori faticano a relazionarsi con il figlio, il quale spesso rifiuta qualsiasi tipo di aiuto.
- Scolastiche:il rifiuto della scuola è uno dei primi campanelli d’allarme di questa sindrome. L’ambiente scolastico viene vissuto in modo particolarmente negativo e non è raro l’isolamento sia causato anche da episodi di bullismo.
- Sociali:questi soggetti sviluppano una visione molto negativa della società e soffrono particolarmente le pressioni dettate dalla società, dalle quali cercano in tutti i modi di fuggire.
Indipendentemente dalla causa, gli Hikikomori sono caratterizzati da una crescente difficoltà e demotivazione nel confrontarsi con la vita sociale, fino a un vero e proprio rifiuto della stessa.

La dipendenza da internet
L’abuso di internet non rappresenta una causa del ritiro sociale di questi soggetti, tuttavia ne diviene spesso una conseguenza, l’unico modo per mantenere un contatto (seppur indiretto) con il mondo esterno.
È bene specificare però che non tutti coloro che soffrono di questa sindrome trascorrono il loro tempo sul web. Infatti, è necessario dividere i cosiddetti “internet addicted”, ovvero coloro che sono talmente coinvolti dalla loro realtà virtuale che si isolano in essa, dai “reclusi sociali” (o Hikikomori), per i quali navigare sul web è solo un modo per mantenere un rapporto con la società.
Ne deriva che i primi restano a casa perché ossessionati dall’uso di tablet, cellulari o videogames, mentre i secondi invece utilizzano internet come rifugio da una realtà che rifiutano.
La terapia
In generale, l’obiettivo di un intervento terapeutico è quello di rompere l’isolamento e spingere la persona ad adottare un ruolo attivo nella società (frequenza a scuola o integrazione nel mondo del lavoro).
È possibile rivolgersi a servizi di ascolto e supporto, psicoterapia individuale o di gruppo volti alla risoluzione delle difficoltà della persona nei rapporti sociali. Purtroppo, trattandosi di interventi di lunga durata, una delle maggiori difficoltà maggiori risiede nel fatto che le persone tendono a non rispettare le indicazioni del medico nel seguire le cure in modo continuativo, non riuscendo quindi a ripristinare pienamente la partecipazione alla vita sociale.
Inoltre, molti genitori di ragazzi che si autoescludono dalla vita sociale sottostimano la problematica, non cercando l’aiuto del medico e rendendo così difficile la diagnosi e l’inizio delle cure.
Un approccio educativo rivolto sia ai giovani malati che ai loro genitori nelle fasi iniziali dei sintomi, ad esempio corsi alla genitorialità e training sull’intelligenza emotiva, è considerato da alcuni la chiave per affrontare questa condizione.
Un maggiore supporto sociale (incluse visite a casa) dovrebbe essere fornito nel caso di abbandono scolastico, così come nel delicato momento della transizione scuola-lavoro.